Chicche (preziose) di Un Ponte di storie
Peppo Bianchessi: di balene e libri impossibili
Tra gli artisti che hanno contribuito a disegnare il calendario della terza edizione di Un Ponte di storie c’è anche Peppo Bianchessi, un artista a più voci, di quelli che sanno attraversare la realtà in tanti modi diversi. Scomponendola e riplasmandola grazie percorsi creativi sempre nuovi. Entrare nel suo mondo significa quindi prepararsi a un viaggio dei sensi e dell’immaginazione, tra pittura, grafica, illustrazione, video e parole.
Quando sarà possibile riunirci, a Un Ponte di storie Peppo porterà la sua mostra sugli ImprobabiLibri, progetto nato dalla collaborazione con molti autori contemporanei che ha dato vita a libri impossibili, mai scritti, solo immaginati o, magari, reinventati in altra forma. Perché un libro non è sempre fatto di pagine e parole, anzi.
E poi, insieme a lui si partirà per un viaggio davvero magico, tra le pagine del suo bellissimo albo La notte della balena (Rizzoli), scritto in collaborazione con Pierdomenico Baccalario (ospite alla prima edizione del festival. E intanto che aspettiamo di viaggiare tra queste meraviglie, Peppo ci ha mandati un video in cui ci legge la sua storia
Quando ho aperto per la prima volta La notte della balena sapevo esattamente come entrarci (con la curiosità e la meraviglia di chi sa che dentro c’è moltissimo del suo autore), ma non sapevo come ne sarei uscita. Poi, una volta chiuso, ho capito cosa avrei dovuto fare: cercare anche io la mia balena in cielo! Ed è quello che succederà anche a voi dopo aver ascoltato questa bellissima lettura, proprio dalla voce di Peppo. Attraversare le tavole e la storia (non solo quella immaginata, ma anche quella reale) di Peppo Bianchessi rappresenta un bellissimo viaggio nel viaggio. Non solo quello del protagonista, che crescendo finalmente riesce a trovare il senso di una grande perdita e a guardare la sua vita da un altro punto di vista, ma anche il viaggio che riguarda più da vicino il vissuto del lettore. Perché la balena in fondo non è altro che “qualcosa che ognuno può vedere e interpretare a suo modo: potrebbe essere uno dei suoi ricordi più belli, di quelli che riscaldano, che abbiamo chiuso in una palla di vetro…”, come mi ha detto una volta Peppo. E gli sono grata per l’emozione che questo albo mi regala ogni volta che lo apro e lo riattraverso.
Oriana Picceni
Evento realizzato sotto gli auspici del Centro per il Libro e la Lettura
Sorridete, siamo nell’atelier di Dario Moretti!
Da 1 a 10, quanto vi mancano le giornate piene di voci e colori del Festival?
A noi moltissimo! Così, per non perdere il sorriso abbiamo chiamato Dario Moretti, l’artista padrino della terza edizione, e gli abbiamo chiesto di aprirci le porte del suo atelier e di mandarci un piccolo saluto.
Ora, dovete sapere che il suo atelier, che si trova in una bellissima cascina, in un piccolo paese della campagna mantovana, è un posto davvero magico. Qui tutto parla di storie passate e di passione, di mani che raccontano anche attraverso la pittura e la scultura, di culture che si intrecciano, di sogni che prendono forma nello spazio di un atelier dove a dominare sono i colori pieni e le forme nette dei suoi disegni. Una parete è interamente coperta da barattoli di colori, che già da soli sembrano un quadro. E poi ci sono vasi pieni di pennelli, strati di carte dalle diverse texture provenienti soprattutto dal Giappone, oggetti e materiali che sono lì in attesa di prendere forma e diventare veicolo di meraviglia su un palco o tra le pagine di libro. E se alzi lo sguardo ( o sali la scala a chiocciola) ti ritrovi nel soppalco, uno spazio aperto invaso dalla luce di una grande vetrata che guarda il verde della campagna. Una stanza piena di storie da raccontare o ri-raccontare e dove le pareti sono ricoperte dalle opere di Dario, che ripercorrono alcuni momenti della sua storia: quarant’anni di teatro ordinati in pile preziose che custodiscono i manifesti di tutti i suoi spettacoli e le tavole originali dei suoi libri.
In parte queste opere sarebbero dovuta approdare a Ponte proprio in questi giorni per la sua mostra Sulle ali di un libro… noi speriamo di vederle arrivare presto in volo!
Facce da virus… provateci anche voi!
Nel frattempo, Dario ci mostra alcuni ritratti che ha realizzato in queste settimane di quarantena, Facce da virus! Non preoccupatevi, non fanno per niente paura, anzi sono coloratissime e piene di magia. Così, ci è venuta un’idea: perché non provate anche voi a sconfiggere il virus (e la nostalgia) con un po’ di colore e immaginazione?
Realizzate la vostra Faccia da virus, fotografatela e speditela all’indirizzo unpontedistorie@gmail.com
Mettetevi all’opera, aspettiamo i vostro disegni!
Evento realizzato sotto gli auspici del Centro per il Libro e la Lettura
Benvenuti a Un Ponte di storie in pillole
Dario Moretti: la meraviglia all’Improvviso
“Quando nel 1978 ho fondato la mia compagnia ho realizzato un sogno. I bambini sono il pubblico ideale perché il mio linguaggio non si basa solo sulle parole, ma su forme più espressive come la danza, la musica, la pittura, la scultura: un musicista in scena, io che dipingo o creo una scultura, un’attrice che danza… Nei miei lavori c’è un’immediatezza e un’imprevedibilità che a loro piace molto”.
Curiosi di avere qualche informazione in più sull’artista padrino della terza edizione del Festival?
Dario Moretti, direttore creativo del Teatro all’Improvviso di Mantova, sa come dare corpo allo stupore e come trasformare un segno in emozione pura. I suoi spettacoli, come i suoi libri, accendono la meraviglia. Una meraviglia che ti coglie all’improvviso, cattura il tuo sguardo e ti porta dentro un universo fatto di musica, arte, colore, gesto, immagine. Un mondo che ti resta dentro, pensato per coinvolgere i bambini, ma così intenso da scuotere anche gli adulti, risvegliare i sensi e lo stupore. Commuovere.
E a portare in scena la poesia delle emozioni non sono solo parole e musica, ma anche le sue mani che si muovono e disegnano mondi sempre diversi e inaspettati, strumenti musicali insoliti (come il vibrafono, il flauto giapponese shakuhachi o lo shruti box indiano) le cui melodie ti accompagnano dritto dentro la storia, il gesto sinuoso di un corpo che danza. La sua creatività multiforme mi ha insegnato che una linea non è solo una linea, ma può diventare molto altro, proprio come capita nei suoi spettacoli. E nei libri che ne accompagnano la messa in scena con l’intento di prolungare la meraviglia: veri e propri oggetti d’arte in cui tutto, dal formato alla scelta della carta, diventa veicolo di creatività e di un’esperienza che va oltre la semplice lettura.
Ed ecco che una linea può spalancare un mondo: può essere la stella scherzosa di Felicità di una stella o la stella a sette punte di Settestella; può trasformarsi in una vera e propria casa, come ne La casa dei divieti; chiudere un cerchio e diventare il piccolo, grande mondo del bambino di Piccola ballata per Peu; regalare la magia di un bosco in autunno ne La natura dell’orso; disegnare le pieghe del vestito di una maestra che ha negli occhi l’incanto in Luna; dare vita a un bellissimo albero azzurro in Foresta Blu; accompagnarci in un viaggio un po’ magico, attraverso le nove città costruite sul carillon di Un giorno; tratteggiare le nuvole che corrono in cielo in Là in alto. Da un segno e un gesto apparentemente semplicissimi può scaturire la magia. E la magia, se sai accoglierla, può portarti lontano.